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11 - Gioacchino da Fiore e Agostino

A proposito dei rapporti Chiesa-Stato, cristianesimo-potere, Borghesi descrive la partizione proposta dal papa e teologo Ratzinger, ispirata alla dottrina di Peterson: “destra”: Eusebio di Cesarea fa coincidere il cristianesimo con il potere e con l’impero; “sinistra”: Origine sostiene invece che il cristiano non può aderire a questo mondo (delegittimazione delle leggi); “centro”: Agostino ritiene che Cristo ecceda gli ordinamenti legittimi di questo mondo. Dopo aver abbracciato la prospettiva politica eusebiana, nella Città di Dio Agostino elimina la figura dell’impero cristiano: il Dio cristiano non assicura la potenza terrena. Da qui l’idea rivoluzionaria delle due città, che spezza l’idea di religione civile antica (tornerà solo con Rousseau). Agostino secondo Peterson e Ratzinger va dunque inteso come critico della teologia politica pagana, ebraica e cristiana. Il modello agostiniano, conclude Borghesi, è inevitabilmente alternativo a quello di Gioacchino da Fiore: la terza età del mondo prospettata da Gioacchino porta a un’immanentizzazione dell’eschaton, all’idea di un’età di maggior grazia che è la grande utopia moderna. L’idea della terza età dello Spirito sulla terra implica una nuova politicizzazione del religioso, in contrapposizione al dualismo agostiniano.

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